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mercoledì 22 aprile 2015

NESSUNO, il prezzemolo della politica.


Ulisse lo avrebbe chiamato “NESSUNO”, personaggio che utilizza la denigrazione verso gli immigrati e verso i ROM per le sue campagne elettorali, consapevole del disagio sociale che i cittadini italiani hanno verso queste persone, sostenuto da una crisi che storicamente mette in guerra i bisognosi per un frammento di diritto.

Il suo atteggiamento ricorda troppo spesso le epoche passate, quando venivano internati i ROM e chi disturbava l’opinione pubblica, alimentando i corsi e ricorsi storici che potrebbero innescare rabbia e odio verso altri cittadini.

Ma qui stiamo parlando di nessuno, del progetto del niente, di un personaggio che nessuno vuole, ma tutti cercano per esaltare le sue azioni della ricerca della violenza urbana.

Ma per evidenziare nessuno, bisogna ignorarlo, bisogna pensare come qualcuno “fatti gli affari tuoi” (Mind Your Own business), pensa a te stesso e prova a mettersi nei panni di chi ha bisogno di aiuto.

Certo dobbiamo trovare soluzioni, ma per evitare altri morti, bisogna dedicare il proprio tempo al prossimo e ignorare il nessuno che avanza per renderlo innocuo all’opinione pubblica.

Il prezzemolo si mette da tutte le parti, ma in questo caso non serve perché miglior testo possa interpretare il momento: «nulla nessuno in nessun luogo mai».


martedì 21 aprile 2015

SPORCHI E CATTIVI, MA SIAMO SICURI CHE LO SIANO?

Tutti i giorni guardiamo alla televisione immigrati che vengono in Italia per cercare sicurezza e un futuro, attualmente assente nei propri paesi oppressi dalle dittature e dalla povertà. Provengono da numerose parti del mondo, Cina, Siria, Romania, Albania, Cile, Senegal, Etiopia, Libia, ognuno con una storia diversa, ma ognuno alla ricerca della libertà o di un benessere che gli sfugge, ma chi sono in genere queste persone? Forse leggendo queste poche righe potremmo capire tante cose:

 “Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro. I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali". "Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano purché le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione".

Chiunque leggendo potrebbe accostare la storia all’attualità dei nostri giorni, ma in realtà è una relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, Ottobre 1912.
Noi eravamo gli immigrati del secolo scorso, dove scappavamo dalla povertà, dalla fame, in cerca di fortuna, ma che trovavamo linciaggi, proclami razzisti, leggi restrittive, verso milioni di nostri emigrati. Molti rimasero vittime di cieca violenza, per le colpe di altri. Un'orda di selvaggi, brutti, sporchi e cattivi, da tenere a debita distanza, nei sudici ghetti delle grandi città, dagli Stati Uniti all'Australia, passando per l'Europa, il sentimento xenofobo contro gli immigrati italiani dilagò come un fiume in piena tra la fine dell'800 e i primi anni del ‘900, lasciandoci etichette di mafiosi. Titoli di giornali e proclami politici, bollavano i nostri connazionali come geneticamente tendenti alla criminalità, dunque pericolosi nel complesso, per la sicurezza civile.

Le storie di allora possono essere applicabili ai giorni nostri verso i nuovi stranieri, una similitudine di storie che dovrebbero far riflettere coloro che lanciano proclami contro gli invasori, senza capire che siamo tutti stranieri in un mondo senza confini. Oggi tutti si dividono tra buoni e cattivi, ma tutti corrono dietro gli interessi delle immigrazioni, i partiti, la mafia e le associazioni sono legati ognuno per lo stesso obiettivo ma con interessi diversi. Che questo interesse si possa catalogare come profitto facile, come opportunità di voti, come sfruttamento dei lavoratori, o come possibili sovvenzionamenti di soldi pubblici poco importa, gli immigrati vengono visti nell’immaginario come portatori di interesse privato.

Poco importa se poi qualcuno cade in mare, se scompare, se sparisce dalla faccia della terra, è un numero, rientra nella statistica annuale. Queste tristi vicende hanno permesso di produrre proclami di pietà da parte delle istituzioni con un pianto artificiale, hanno permesso di far guadagnare la mafia pagando anticipatamente migliaia di dollari per il viaggio della morte, hanno permesso alla politica di parlare del nulla in televisione, mentre in parlamento, luogo per creare le leggi gli stessi fanno scena muta.

L’uomo è andato sulla luna, riesce a colpire con un missile una casa in mezzo ad una città con precisione millimetrica, riesce a costruire aerei e navi militari a costi esorbitanti, ma non riesce a trovare idee per fermare questa carneficina che si ripete ad ogni primavera. Nel 2014 abbiamo avuto 3419 morti nel mediterraneo, troppi defunti alla ricerca della libertà, ma nessuno si è prodigato a proporre soluzioni, a studiare idee, a sfruttare il semestre europeo per evidenziare questo tema di proporzioni enormi.

Forse pensare ad una agenzia internazionale per migranti, forse mettere a disposizione una nave a costo accessibile per il viaggio, trovare collaborazione con le autorità del nord Africa potrebbero essere delle idee, sempre che ci sia la voglia di cercare soluzioni.

Quante repliche dovremo sopportare a questa farsa mediatica dei partiti, quanti finti pianti faranno sotto i riflettori della televisione, quanta ipocrisia uscirà nelle bocche di questi politici? Qualcuno li avvisi che nessuno ha chiesto il BIS, basta la prima.




sabato 11 aprile 2015

UNA POLITICA SORDA E' UNA POLITICA IRRESPONSABILE

Il 10 Aprile, nella sala consiliare del Comune di Livorno si è svolta la cerimonia di commemorazione della strage del Moby Prince, avvenuta 24 anni fa.

Erano presenti le autorità dello Stato, Sindaci, rappresentanti di alcune province e regioni accompagnati dai rispettivi stendardi comunali, consiglieri comunali di Livorno e gli attori principali di questa ricorrenza, i parenti delle vittime.

Sono loro i protagonisti, fieri attori di un malessere portato avanti per 24 anni senza ricevere mai nessuna risposta da parte dello Stato, snobbati dalla politica.
Questo post non vuole accusare nessuno, ma non può ignorare le parole che ogni persona intervenuta lanciava contro i politici.

Ascoltare le forti parole del figlio di una vittima che forse, per la giovane età, non ha mai conosciuto suo padre, sentirlo parlare di fatti tenuti nascosti dalle autorità, di manomissioni delle prove, di impianti antincendio non funzionanti, di introduzione di persone non autorizzate che hanno alterato lo stato dei luoghi, introduzione di elementi di plastica che fanno capire la presenza di estranei in un punto dove era fuso ogni oggetto presente. Tutto questo accompagnato dall’assenza della giustizia rea di non dare rispsote e dalla miopia dei partiti della richiesta dei familiari per avere giustizia.

Sentire un padre settant’enne, parlare del proprio figlio avvolto in un lenzuolo bianco, tra una lacrima e una affermazione di rabbia, ascoltare come nel tempo avesse perso ogni credibilità verso la politica, ma che solo negli ultimi tempi ha riacquistato speranza dopo che era stata creata la commissione d’inchiesta sulla strage. Avvertire le varie voci dei familiari chiedere alla politica di impedire che una strage vada in prescrizione, perché la sua applicazione ucciderebbe per la seconda volta le vittime della strage.

Ma oltre ai familiari del Moby Prince, erano presenti i familiari dei un’altra strage, quella dell’incidente ferroviario di Viareggio. Qui i cittadini intervenuti a parlare, hanno usato parole pesanti verso la politica, rea di aver permesso di licenziare alcuni lavoratori delle ferrovie colpevoli di cercare di dire la verità, ma promuovendo il direttore generale Moretti alla Fincantieri, passando indenne dai governi, Prodi, Berlusconi, Letta e Renzi, nonostante sia il responsabile della strage.

Quello che mi ha colpito, dopo tutte queste parole pesanti come macigni è l’assoluta assenza di interventi da parte dei politici; eppure erano presenti il Senatore Filippi, il deputato Romano Andrea, l’assessore regionale Simoncini, il presidente della provincia Franchi e il Sindaco di Collesalvetti, segretario provinciale del PD Bacci, tutti in rigoroso silenzio, dando la sensazione di essere intimoriti dalle pesanti accuse.

L’unica personalità politica che si è alzata dalla sedia per parlare ai familiari è stata la Senatrice Sara Paglini, firmataria della richiesta di attivazione della commissione di indagine, forte della sua attività politica pulita da ogni accusa, si è scusata e timidamente ha fatto capire che la richiesta di indagine era doverosa perché richiesta dai cittadini, ascolto di aiuto che doveva essere un dovere di ogni politico in tutti questi anni.

La politica è rimasta sorda per 24 anni, ma grazie alla richiesta dei Senatori del M5S, stanno iniziando l’iter per permettere ad una commissione di inchiesta di cercare la verità, rendendo giustizia per una strage rimasta nel dimenticatoio.

Ma non posso chiudere questo post, senza non pensare che i politici presenti domani si scuoteranno l’anima dalle dure accuse, riprendendo la loro normale attività istituzionale, dimenticandosi della strage del Moby Prince, almeno fino al 10 Aprile 2016, quando interverranno vestiti a festa con il drappo tricolore al petto, ma non accorgendosi che sarà macchiato di un rosso sangue.

Spero che tutto questo non rimanga lettera morta, che veramente si possa arrivare ad una conclusione perchè ne guadagna di credibilità tutta l'Italia.

Le vittime erano 140, ma dal 10, come annunciato nelle parole degli interventi, dobbiamo dire #iosono141 con fierezza per non dimenticare e per dare giustizia alle famiglie.