Espressione
simbolica storica con cui nella monarchia francese precedente alla rivoluzione,
si annunciava al popolo contemporaneamente la morte del re e l’avvento del suo
successore, volendosi così affermare la continuità ininterrotta dell’istituto
monarchico. Niente di più appropriato oggi nell’accostare la realtà dei fatti.
Il 31
gennaio ’15 è stato eletto il nuovo Presidente della Repubblica, ed è d’obbligo
rendere onore a Sergio Mattarella, ma è curioso far notare come nei mesi tra
gennaio e febbraio di venti anni fa, la DC terminò il suo ciclo politico dopo le
inchieste di mani pulite e l’inizio dei processi, con la presenza dei politici
democristiani, nei coinvolgimenti Stato-Mafia.
Attualmente,
con la proclamazione del nuovo Presidente della Repubblica e con la guida
assolutista del Presidente del Consiglio, la DC ha formalmente ripreso vigore,
nonostante gli scandali di Roma capitale, del Mose a Venezia e dell’Expò di
Milano abbiano rimesso il tema stato mafia nella agenda dell’attualità, ma
forse è un caso, non è successo nulla, sicuramente rimarrà nelle fantasia
collettiva. La sinistra è stata totalmente sostituita.
Il padre Bernardo, tra i fondatori della Dc, vicesegretario nazionale del partito nel 1945, eletto nel 1946 nell’Assemblea costituente, ministro e più volte sottosegretario nei governi De Gasperi, un esponente politico sospettato di avere rapporti con gli esponenti della vecchia mafia.
Il fratello Piersanti divenne presidente della Regione e promotore di un processo riformatore critico verso il sistema dei finanziamenti pubblici poco gradito ai boss e venne ucciso sotto gli occhi del fratello.
Tre anni dopo, il futuro presidente, professore universitario milita nella corrente di Aldo Moro, entrando in Parlamento fino al 1994 quando traghettò la DC al nuovo partito popolare.
Nei primi anni Novanta Mattarella rimase coinvolto nella vicenda che gli costerà un procedimento penale per finanziamento illecito, per una busta contenente tre milioni di vecchie lire in buoni benzina recapitatagli dall’imprenditore agrigentino Filippo Salamone, personaggio vicino alla mafia siciliana.
Il fratello Antonio finisce indagato negli anni Novanta a Venezia per riciclaggio di denaro sporco e associazione mafiosa con Enrico Nicoletti (componente della Banda della Magliana) per una speculazione edilizia a Cortina. L’inchiesta fu poi archiviata per mancanza di prove. Il nipote (il figlio di Piersanti, Bernardo) deputato regionale in Sicilia, è invece indagato – come molti colleghi in tutta Italia – per peculato in relazione ai rimborsi ai gruppi consiliari della Regione.
Auguri Presidente.

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